Lockdown alla Veneziana
Content Warning: Coronavirus
Will Winning
Column I
In January this year, I travelled to Venice to begin a period as a research student attached to Ca’ Foscari University. My arrival in the city coincided almost exactly with the beginnings of the pandemic, and I quickly found myself stuck in a city famous for plague and death. To make the situation even more perfect, I moved from my first flat (in which every kitchen appliance threatened death by electric shock) to a flat next to the hospital and opposite the city’s cemetery on the island of San Michele. Then the lockdown began. It was almost too good to be true.
But once the lockdown ended, the situation changed entirely. The absence of tourists and many of my fellow students gave me the glorious opportunity to experience the beauty and vitality of the city in conditions unparalleled in recent history. In this and the next three articles, I will be describing some of my reflections on the city during that period. Serenissima? I don’t think so!
Lo scopo del mio soggiorno presso l’università Ca’Foscari era di studiare con il Prof. Filippomaria Pontani, un esperto nell’ambito del mio dottorato, e di consultare dei manoscritti tenuti nella biblioteca Marciana di Venezia, i quali sono importanti al riguardo. Più ampiamente, volevo confrontare gli studi classici in Italia con la tradizione anglo-americana in cui sono cresciuto. Poi semplicemente volevo avere l’esperienza di vivere all’estero (un mio sogno da sempre). Dal centinaio di studenti stranieri che sono arrivati alla Ca’ Foscari all’inizio dell’anno, sono stato quasi l’unico a rimanere per tutto il lockdown.
Innanzitutto, come magari non tutti sanno qui a Cambridge, il lockdown si è svolto in maniera completamente diversa in Italia che nel Regno Unito. Il Coronavirus è arrivato molto prima in Italia, infatti ha quasi coinciso con il mio arrivo. Per me, questo significava che le Università, le biblioteche, i musei e le gallerie in Veneto sono stati chiusi dalla fine di febbraio.
Qualche settimana dopo è iniziata la fase della quarantena. Durante la quarantena, che è durata quasi due mesi, era vietato lasciare il proprio domicilio se non per fare la spesa, per andare in farmacia, o per fare una passeggiata con il cane (o il bambino). Non avendo né un cane né un bambino, sono dovuto rimanere chiuso dentro casa tutto il giorno. Ogni volta che si andava fuori, si doveva compilare un modulo, scaricato dal sito del governo, nel caso in cui i carabinieri o l’esercito ti avessero fermato. Queste misure, per quanto fossero pesanti, hanno diminuito fortemente il numero dei contagiati. Hanno proibito però anche a me di incontrare gli altri, a parte i miei coinquilini, per otto lunghe settimane.
Non sono morto a Venezia, però, anche se col tempo sempre più vicini di casa si sono ricoverati in ospedale con una regolarità davvero inquietante e addirittura nefasta. E anche se pensieri micidiali a volte mi galleggiavano in mente con una frequenza non meno impressionante, il fine settimana prima dell’annuncio del lockdown mi sono trasferito (per un paio di giorni, pensavo) da un amico che abitava a Cannaregio, al nord dell’isola.
Sulla strada in cui viveva dimorò una volta il pittore Tiziano, ma all’epoca della pandemia, altre associazioni sembravano più rilevanti. La nostra casa stava proprio vicina all’ospedale (sicuramente l’ospedale più bello al mondo), dal quale si sentiva notte e giorno le sirene delle barche-ambulanze e dava dall’altro lato sulla lugubre isola di San Michele con i suoi giardini di cipressi, il cimitero e mausoleo dove si seppelliscono i Veneziani. A volte mi sentivo quasi chiamato da quegli alberi.
Un posto perfetto per abitare in una pandemia, insomma. Per raccontare tutte quelle esperienze – gloriose, gioiose, tragicomiche, e quelle semplicemente bizzarre – che ho avuto dentro quelle quattro mura a Cannaregio ci vorrebbe un altro blog. Del resto, il più interessante è quello che è successo dopo la fine del lockdown. Il rovescio della medaglia era la miracolosa opportunità, appena è stato consentito di uscire, che noi abitanti di Venezia abbiamo avuto di andare a spasso per la città, girando liberamente per le sue calli e campi sterminati e affascinanti. Appena aperto, come dire, il portone di casa, abbiamo scoperto che di turisti non c’erano più (l’altra peste di Venezia). La città era solo per noi, anzi ci chiamava a esplorarla.
In questo glorioso periodo subito dopo la fine del lockdown, si poteva andare più volte allo stesso posto di solito affollato senza incontrare quasi nessuno (una meraviglia). Si andava a San Marco per ammirare gli ornamenti delle colonne del Palazzo Ducale o per godersi liberamente la facciata della Basilica col gelato in mano. La città si è risvegliata come da un lunghissimo sonno. “I Veneziani stanno iniziando a scoprire la loro città”, ha scritto un giornalista veneto. Man mano si incontrava più persone in giro. Dopo un mese sono stati riaperti i musei, le mostre, le biblioteche. Dopo un altro mese si poteva mangiare di nuovo al ristorante e finalmente incontrare tutti quei ragazzi e ragazze che si aveva conosciuto su Tinder durante i lunghi mesi del lockdown. Il senso di felicità e di sollievo era immenso.
Non è andato tutto liscio, però. Dopo la fine della quarantena sono tornati, non i turisti, almeno non ancora, ma persone anche più fastidiose: quelli che a qualsiasi ora e in qualsiasi luogo della città insistono a suonare il flauto dolce. Poi è successo qualcosa di ancora più grave: un’esplosione in una fabbrica chimica a Porto Marghera, diffondendo fumi tossici nell’aria per tutta la laguna in pochi minuti. Fantastico! Menomale che ci sono stati pochi feriti. Poi finalmente sono arrivati i turisti – o, meglio, i tedeschi. Ma quando arrivano i tedeschi in un posto, il senso di divertimento…
Sono ancora vivo, non sono morto a Venezia allora e nei prossimi articoli vorrei condividere con voi alcune delle mie esperienze in quella città meravigliosa, unica, ma non affatto serenissima in un periodo irripetibile della sua storia.
Will Winning is a third year PhD student in Classics at Cambridge. Asides from his studies, he has worked in publishing and is interested in music, travelling, and anything to do with Italy. He spent January to August this year as a visiting student at Ca' Foscari University, Venice.